LA CITTA' SENZA NOTTE
Un film come un atto psico-magico, ecco cos'è La Città senza Notte.
17 marzo 2016- a cura di Marta Abbà- Ominimilano
In programma giovedì 17 marzo alle ore 22.30 presso lo Spazio Oberdan all'interno della rassegna Sguardi Altrove tra i lungometraggi della sezione competitiva internazionale Nuovi Sguardi.
La regista Alessandra Pescetta lo ha pensato, e poi girato, “per alleviare il
mio tormento emotivo” in parte legato anche al “momento storico importante in
cui viviamo, dove la convivenza tra persone appartenenti a diverse culture può
essere complessa e sfociare nell'incomprensione”. Ne “La città senza notte”,
Pescetta fa incontrare due protagonisti “distanti”, lei giapponese e lui
siciliano, che capiscono come questo senso di estraneità non dipende solo dalla
diversità culturale. C'è anche “qualcosa di malato che si muove nell'aria,
nell'acqua -spiega - che influenza i loro umori e le loro vite. La via di fuga
da tutto questo è il sogno, dove trovano un'altra qualità di comunicazione”.
Onirico, ma a tratti iperrealista nel raccontare sensazioni e situazioni e
relazioni, il film in un certo senso ha voluto prendere vita “non
necessariamente per volontà del regista”. Capita anche così: Pescetta racconta
infatti come stesse ascoltando il “magnifico e visionario” album musicale dei Berserk! (Lorenzo Esposito Fornasari,
Lorenzo Feliciati) - “era un momento in cui mi sentivo particolarmente
vulnerabile” - e durante l'ascolto le è tornato in mente il suggestivo racconto
di Francesca Scotti. Si intitola "La pace di chi ha sete e sta per bere", lo aveva letto pochi mesi prima, ma
solo in quel momento, così particolare, quelle parole e quella storia della
scrittrice milanese sono riuscite a cambiarle lo stato d'animo.
Così, per un palesarsi di eventi successivi
e non per forza logicamente connessi, è stato il film stesso a palesarsi, e con
esso la giovane protagonista “instabile, molteplice, sensibile”. Viene dal
Giappone, è sua “la città senza notte” ma lei esattamente come una sua coetanea
milanese, di prima o seconda generazione, o milanese d'adozione, prova nel buio
“forte solitudine e paura di vivere il proprio tempo”. Pescetta l'ha raccontata
partendo dall'ispirazione di Scotti e usando con generosa creatività e agile
freschezza sperimentale un mix di varie forme d’arte: videoarte, poesia,
narrativa e musica. E' uno degli aspetti tra l'altro più apprezzati finora dal
pubblico e nei vari festival in cui il Film è stato selezionato ricevendo
riconoscimenti oltre che applausi. “Ha esordito come unico film italiano in
concorso al Taormina Film Festival
la scorsa estate, prima di ricevere il Sigillodella Pace e il Premio Gilda al Festival di Cinema e Donne di Firenze”
racconta la regista nata “nelle umide campagne venete” ma a Milano dal'92. Sempre
nel 2015 “La città senza notte” è stato premiato al Sydney World Film Festival, come Best Narrative Feature Film e poi ad altri sia
all'estero, a Cork, sia in Italia: al Parma Operart, all'Ortigia Film Festivaloltre che al Taormina Film Festival
e a brevissimo a Milano.
Avuta l'idea, determinante è stata “la
decisione del coraggioso produttore musicale Giacomo Bruzzo di Rarenoise
di investire sul film insieme a La casa dei santi” racconta Pescetta ricordando
la genesi della sua pellicola a poche ore dalla proiezione meneghina: “io e Giovanni Calcagno abbiamo scritto la
sceneggiatura e poi a Catania ci hanno permesso di girare il film in poco più
di tre settimane”. Budget “da film indipendente”, specifica, ma ad esso si sono
aggiunti “la carica e l'energia di tutti i collaboratori, il sostegno delle Catania Film Commmission, della Provincia di Catania e anche di
importanti case di produzione e post produzione milanesi (Top Digital, Post Office, Wayne film, 360fx)”. Con questa
mobilitazione corale Pescetta e i suoi collaboratori hanno girato “La città
senza notte”. Lo zampino ce lo ha messo anche la natura, o il fato, per chi ci
crede. Lei, ad esempio, è convinta che “i luoghi e la natura ci ascoltino e ci
rispondano” quando si gira un film o una certa scena. Giunti alla pescheria di
Catania per girare una scena rappresentativa dell'incubo di Mariko,
ossessionata dalla radioattività del mare, Pescetta racconta come si siano
trovati davanti ad una serie di nature morte già scenografate. Pronte all'uso.
Decine di piccoli pesci caduti a terra e persone che li calpestavano. Teste di
pesce spada che si ergevano come trofei sui banconi. Pescatori che si offrivano
per recitare e si trasformavano in creature demoniache sotto forma di venditori
ambulanti. “Tutto aveva l'atmosfera onirica del film. Giorni dopo siamo ritornati
per una passeggiata e tutto era in ordine, il mercato era tornato ad essere
quello di sempre”.
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